Premi e castighi

«Se fai il bravo ti portiamo a mangiare il gelato!»
«Se non ascolti la mamma non andiamo ai giardinetti!»
«I nonni ti fanno un bel regalo perché hai avuto un’ottima pagella!»

Il meccanismo di premiare i comportamenti positivi e/o di punire quelli negativi è molto radicato.

Tuttavia, studi come quelli di Maria Montessori scoraggiano fortemente l’uso di premi e punizioni nell’educare il bambino. Per la famosa pedagogista il rinforzo dev’essere dato direttamente dall’attività o dal gioco: il bambino si accorge di aver porto a termine il compito da solo e non ha bisogno di rinforzi esterni perché l’attività lo soddisfa di per sé.

A una prima riflessione può sembrare difficile, se non impossibile, insegnare senza ricorrere a qualche incentivo o deterrente!

Se non punisco il mio bambino come posso aiutarlo a imparare cos’è giusto e cos’è sbagliato? Come faccio a non elogiarlo quando fa qualcosa di buono?

In realtà, la punizione migliora solo apparentemente il suo comportamento: il castigo è la naturale reazione di noi adulti a un comportamento errato, ma toglie al nostro bambino la possibilità di responsabilizzarsi e autodisciplinarsi. Punendolo, infatti, gli imponiamo un comportamento non spontaneo, che non gli permette di capire i suoi errori e non lo aiuta a crescere.

Questo ovviamente non significa lasciare il bambino libero di fare ciò che vuole!

Prendere del tempo per farsi raccontare quello che è successo, le azioni che hanno portato al suo comportamento e spiegargli perché è errato e qual è invece il modo più corretto di agire può rivelarsi molto più utile e duraturo!

Lo stesso vale per i premi: premiare dà l’impressione di favorire l’autostima del bambino e la sua fiducia in se stesso, ma lungo andare otterremo l’effetto opposto, creando in lui un bisogno di approvazione esterna da cui dipenderà nel giudicare il suo lavoro.

In questo senso, l’esperimento condotto da Lepper, Greene e Nisbett nel 1973 è molto interessante. Sono stati osservati i bambini della scuola dell’infanzia durante un’attività normalmente piacevole ed eseguita senza rinforzi: il disegno. Nella prima fase i bambini sono stati divisi in due gruppi: i piccoli appartenenti al primo sono stati lasciati liberi di disegnare come al solito (gruppo di controllo), quelli del secondo gruppo, invece, venivano premiati se il disegno era bello (gruppo sperimentale).

Nella seconda fase dell’esperimento, tutti i bambini venivano lasciati liberi di disegnare. Il risultato dimostrava come i bambini premiati apparivano molto meno motivati e si impegnavano di meno nella seconda fase rispetto a quelli che non erano mai stati premiati.

Il premio esterno, in sostanza, aveva ridotto la spinta e il piacere naturale per l’attività.

Ma come può una persona essere soddisfatta del suo lavoro se non riesce a dargli il giusto valore?

Non premiare è forse più difficile di non punire: anche noi ci sentiamo bene quando premiamo il nostro bambino, ci sentiamo orgogliosi. Così facendo, però, il nostro bambino farà bene per compiacere il genitore o per ottenere un premio, non per la sua soddisfazione personale.

Anche in questo caso, dedicare tempo al nostro bambino e modificare leggermente il nostro modo di parlare potrebbe rivelarsi molto utile!

Per esempio, quando il bambino arriva da noi con un disegno o un lavoretto, invece di dirgli semplicemente che è molto bello, possiamo concentrarci sullo sforzo che gli è costato per realizzarlo: «Ti sei impegnato molto!». Oppure ancora confrontarci con lui su alcuni dettagli e porgli delle domande: «Sei stato molto preciso nel disegnare questa casa, come mai hai scelto questi colori?».

Un altro consiglio importante, è quello di fargli notare i progressi: sta crescendo e imparando, superando i suoi limiti giorno dopo giorno: «Fino ad adesso non riuscivi invece adesso sì!».

Si tratta di piccole abitudini che possono portare grandissimi risultati… Provare per credere!

 

Photo by Jonathan Borba on Unsplash

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